La fallacia logica di Paolo Cendon sulle mancanze della legge 6 del 2004, incubo delle persone “fragili”

La fallacia logia di Paolo Cendon, creatore della legge 6 del 2004 sull’Amministrazione di Sostegno per le persone “fragili”.

DOMANDA: Per quanto poi riguarda il fatto che la nomina dell’amministratore di sostegno divenga competenza di un Tribunale in composizione collegiale e che l’obbligo di nomina veda il beneficiario in tutta la procedura sempre supportato da un avvocato di fiducia, qual è la sua opinione?

PAOLO CENDON: «Anche qui credo sia necessario fare i conti con la realtà. Già oggi, infatti, i giudici di ruolo che si occupano di amministrazione di sostegno sono pochi, pochissimi, solo in parte aiutati dai giudici di supporto. Questo è un grave problema che non so se in prospettiva sarà risolvibile. Immaginare dunque di poter contare addirittura su un collegio di giudici, mi sembra francamente una pura e semplice utopia». Fonte: superando.it

Il ragionamento è inquietante, viziato da una fallacia logica: deduce l’irrealizzabilità di una garanzia giuridica sulla base della carenza di organico. Confonde necessità normative con limiti amministrativi contingenti e assume che l’attuale assetto sia perciò immutabile.

L’insufficienza di personale non può giustificare la rinuncia a tutele fondamentali dei cittadini.

Il “bug” logico sta nella confusione tra ciò che è giuridicamente necessario e ciò che è scomodo.
L’intervistato afferma, in sostanza:

  1. I giudici che seguono l’ADS sono pochi.
  2. Sono già sovraccarichi.
  3. Quindi garantire un collegio giudicante sarebbe “utopia”.

Il punto debole è evidente:
l’insufficienza di organico non può essere un argomento per negare garanzie fondamentali.

È un ragionamento fallace perché:

  • Confonde un problema contingente (mancanza di risorse) con un principio di diritto (le garanzie per la persona fragile).
  • Dà per scontato che l’organizzazione attuale debba rimanere com’è, invece di considerare che, se le tutele sono essenziali, è il sistema che deve adeguarsi, non il contrario.
  • Assume l’impossibilità come dato strutturale, senza proporre alternative (più giudici, redistribuzione dei carichi, sezioni specializzate, potenziamento degli organici, digitalizzazione, ecc.).
  • Usa una fallacia pragmatica: “non si può fare perché è difficile”, anziché valutare se sia giusto o necessario farlo.

In termini giuridici, se un diritto è fondamentale – e lo è, perché l’ADS incide su libertà personali, patrimonio, autodeterminazione – le garanzie non possono dipendere dalla comodità dell’amministrazione.

La frase finale (“pura e semplice utopia”) rivela il bias: considera l’attuale malfunzionamento come parametro normativo, non come criticità da correggere.

Da Sara Palazzotti

Caregiver Familiare  

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